29 agosto 2009

Come i social media cambiano l'approccio ai brand: il parere di Razorfish

La comunicazione aziendale sta cambiando. Da tempo le aziende vengono invitate a smettere di pensare la comunicazione come un flusso unidirezionale. Ora, con la diffusione di internet e di nuovi modi di approcciarsi ai brand da parte del pubblico, l'invito è quasi diventato un imperativo. I clienti vogliono dialogare con le aziende. O meglio ancora, con altri clienti. Peccato che molte aziende non accettino questa rivoluzione. Molte gnorano il web, altre lo consirano una grana.
Eppure è uno strumento utilissimo per i "consumatori".
Quanti, come me, prima di ogni acquisto o quasi controllano che se ne dice in Rete e - soprattutto - controllano i prezzi per sapere se quello praticato dal negoziante è conveniente?
Gestisco online una pagina Facebook per un'azienda automobilistica. Almeno una decina di utenti hanno dichiarato di essersi convinti dell'acquisto dopo aver letto i commenti entusiasti degli altri fan. Gli altri acquirenti lo hanno convinto a spendere migliaia di euro. Una buona recensione del pubblico vale molto di più di tanta pubblicità. La pubblicità, oggi come oggi, è utilissima a far conoscere i prodotti e a rafforzare la brand image. Ma il processo di acquisto fa sempre più spesso tappa in internet.

A sostenere l'importanza dell'ascolto e della partecipazione nei Social Media per migliorare le immagini dei brand troviamo la Razorfish, che anche quest'anno ha presentato il suo “The Razorfish Social Influence Marketing Report”. Il report è un invito rivolto alle aziende perché smettano di inviare solo messaggi pubblicitari, ma inizino a “fare” qualcosa con gli utenti: a interagire, a dialogare, a creare relazioni.

Partiamo dal principio.
What is Social Influence Marketing?
Social Influence Marketing (SIM) is about employing social media and social influencers to achieve the marketing and business needs of an organization.


Per indicazioni sul panel e sulle metodologie di analisi ed elaborazione dei dati, vi rimando al documento originale.
Mi limiterò a evidenziare alcuni aspetti particolarmente interessanti emersi dal report.
In generale il report può essere sintetizzato in questa frase:
traditional top-down branding will become increasingly impotent as social media grows


che si traduce, per i brand, nella necessità di:
  • socializzare con i consumatori, ovvero prendere parte alle conversazioni, utilizzando una molteplicità di canali, ed effettuare con loro scambi di valore significativo;
  • sviluppare una credibile “voce sociale”, che sia più coinvolgente, personale, umile, autentica e partecipativa di quella delle pubblicità tradizionali;
  • fornire un ritorno in termini di emozioni ai consumatori: i social media sono un ottimo strumento per sviluppare relazioni simmetriche, dalle quali sia il brand che i consumatori potranno ottenere i maggiori risultati.


Riassumiamo alcuni punti salienti:
  • ben il 71% degli utenti condivide raccomandazioni in rete. Di questo 71%, il 2% lo fa giornalmente, l'8% ogni pochi giorni, il 19% ogni poche settimane, il 42% ogni pochi mesi.
  • Nel marketing funnel, il ruolo delle varie fonti ha un peso diverso a seconda che ci si trovi nella fase di “awareness”, “consideration” e “action”. Se, ad esempio, i blogger indipendenti possono avere un'elevata influenza nel 59% dei casi in fase di conoscenza del brand, la loro efficacia si riduce al 29% in fase di acquisto.
  • Il 29% degli intervistati ha dichiarato di avere legami coi brand su Facebook, percentuale che saliva al 36% nel caso degli utilizzatori attivi dei social network. I fan delle pagine non si limita a creare affiliazioni e a dimenticarsene: il 57% visita le pagine ogni pochi mesi o settimane, il 27% ogni pochi giorni o anche giornalmente.
  • Le pagine brandizzate o i corporate blog che hanno il maggior appeal per il pubblico appartengono alle categorie musica e intrattenimento (molto apprezzate dal 21% degli intervistati), elettronica e tecnologia (16%), vendita al dettaglio e abbigliamento (10%), viaggi (9%), casa e giardino (8%), auto (8%), servizi finanziari (5%).


Seguirà un approfondimento sui 10 step che le compagnie devono seguire per controllare i loro brand su Twitter e stabilire una presenza duratura.

25 agosto 2009

Cosa rende un'applicazione virale? Il caso di Pet Society - 2

Continuo con la mia riflessione sui motivi del successo di Pet Society, iniziata nel mio post precedente: Cosa rende un'applicazione virale? Il caso di Pet Society.

Iniziamo vedendo cosa rende un’applicazione virale.
Partiamo coi consigli di Search Engine Land.

  1. Target your audience
    Anche se Facebook è piena di teenager, il social network è in realtà aperto a persone di tutte le età. Prima di costruire un’applicazione è necessario determinare a quale gruppo demografico ci si sta rivolgendo e creare qualcosa che lo possa catturare.

  2. Think viral
    Il modo migliore per creare un’applicazione di successo su Facebook non è di spendere migliaia di dollari in marketing, ma piuttosto di realizzare qualcosa di virale. Se crei qualcosa che altri vogliano inviare ai loro amici su Facebook, allora avrai un’applicazione che sarà usata da milioni di persone. Un buon esempio è un’applicazione chiamata Zombie, dove il tuo obiettivo è di mordere quanti più amici possibili per trasformarli in Zombie.

  3. Provide value
    Chi usa la tua applicazione, deve ottenere qualcosa da quell’esperienza. Che si tratti di semplice intrattenimento o di imparare qualcosa non importa. Quando costruisci un’applicazione, non pensare solo a come ti beneficerà, ma pensa anche al valore che puoi fornire all’utente.

  4. Simplicity is the ultimate sophistication
    Un errore fatale per alcune applicazioni Facebook è di essere troppo complicate. Se richiede troppo sforzo per poter essere utilizzata pienamente, non aspettarti che molte persone usino la tua applicazione. Molte applicazioni (v. ILike) funzionano perché sono semplici.

  5. Keep an objective in mind
    Puoi anche creare un’applicazione che coinvolga milioni di utenti, ma se non ti porta benefici, a che serve? Puoi usarla per far conoscere il tuo brand, come Zombie per Rock You, o per vendere prodotti. In ogni caso tieni ben presente il tuo obiettivo quando crei l’applicazione.

All’interno dell’applicazione ci sono poi altri meccanismi che favoriscono la viralità, come i news feed o l’obbligo di invitare degli amici (da usare con attenzione). Altri consigli li trovate su www.allfacebook.com

Gli aggiornamenti che compaiono sulla propria bacheca - e di conseguenza su quella degli amici - possono servire nel stimolare gli osservatori a installare l’applicazione oppure a far ritornare gli utilizzatori nell’applicazione.

Vediamo alcuni esempi. Cominciamo con Farmville, che permette all’utente di mandare degli aggiornamenti particolarmente efficaci.

Nel primo caso, l’utente segnala che c’è un animale smarrito e invita gli amici a dargli una casa. Questo aggiornamento porta ottimi risultati perché:
  • gli animali sono fonte di reddito nel gioco;
  • l’animale indicato non può essere acquistato, quindi è particolarmente ambito;
  • il giocatore deve necessariamente entrare nell’applicazione per scoprire se ha ottenuto l’animale.
Il secondo aggiornamento è invece meno interessante per coloro che sono già giocatori ma può spingere i non utilizzatori a installare per curiosità l’applicazione. Stesso principio seguono anche gli aggiornamenti di passaggio di livello, che mirano anche a scatenare la competizione fra gli utenti.

Su Pet Society, invece, gli aggiornamenti vengono sfruttati per far conoscere le novità e spingere gli amici a giocare o iscriversi. In questo caso, l’aggiornamento fa sapere che l’amico ha preso un pesce pescando (ho scoperto così che era stata introdotta la pesca) e il tipo di pesce (utile perché, salvo spulciare nei blog a tema, non è possibile sapere quanti e quali pesci sono disponibili nel laghetto finché non sono stati catturati tutti).
Insomma, buoni esempi di trucchi per garantire la viralità.
Vi segnalo anche questo articolo sui punti cardine per rendere un’applicazione virale. Ne ho riportato un estratto anche in tumblr.

Tirando le somme, cosa ha decretato la fortuna di Pet Society?
Ecco la mia sintesi:
  • buon meccanismo di gioco alla base, che lascia spazio a innovazioni e upgrade (mondo espandibile sia in numero di utenti che in possibilità di personalizzazione);
  • capacità di motivare l’utente a richiedere l’aiuto e la partecipazione degli amici (particolarmente evidente in Country Story, altro gioco della PlayFish, dove senza amici è possibile giocare ugualmente, ma non si completano alcune quest particolarmente redditizie);
  • la possibilità di lasciare il gioco “aperto” pur dedicandosi ad altre attività, ovvero l’impegno non gravoso e attento richiesto all’utilizzatore (perfetto per i tempi morti);
  • l’incentivo a far procedere il giocatore per step, allo scopo di farlo tornare potenzialmente all’infinito;
  • il far parlare dell’applicazione e creare una comunità di appassionati che promuovono e incentivano l’uso dell’applicazione stessa (anche tra di loro);
  • aggiungere elementi disponibili solo a pagamento, per aumentare la redditività dell’applicazione.

Oltre a questo, un dettaglio mai irrilevante: serve un ottimo team e tante risorse. Un’applicazione come Pet Society, con un gigantesco database, richiede server potenti e manutenzioni continue. Senza contare gli sviluppatori, i grafici e i copy impegnati nell’ideazione e nella realizzazione degli oggetti che ogni settimana vengono aggiunti. L'investimento economico non è trascurabile.
Ovviamente anche un’applicazione semplice potrà diffondersi a macchia d’olio e portare grandi risultati con un investimento ben più contenuto, forse solo temporale (soprattutto se si sfruttano i server di Facebook). Ma il successo di applicazioni come Pet Society è legato alla sua elevata espandibilità e personalizzazione. E queste si possono ottenere solo investendo notevoli risorse.

21 agosto 2009

Cosa rende un'applicazione virale? Il caso di Pet Society


Conoscete Pet Society? Se non ne avete mai sentito parlare, siete ormai una minoranza. Pet Society è un’applicazione per Facebook sviluppata dalla PlayFish, con 15.573.429 di utenti attivi al mese e 1.114.614 fan. Non male per un gioco neppure troppo originale (è una versione semplificata e social di The Sims).
Ovviamente ha degli innegabili punti di forza: una grafica carina, adorata soprattutto dal pubblico femminile; continue espansioni che stimolano a proseguire nel gioco; elevata possibilità di personalizzazione; buona funzionalità e stabilità del sistema (pur con qualche baco mai risolto).
È stata inoltre una delle prime applicazioni di Facebook in grado di “generare dipendenza”. Gli altri giochi, anche quelli della stessa PlayFish, hanno spesso il limite di essere un buon intrattenimento occasionale: si fanno un tot di partite, magari si batte il punteggio dell’amico, e poi finiscono nel dimenticatoio. Pet Society è un’applicazione da medio-lungo periodo. All’inizio hai ben poco da fare. Il divertimento (chiamiamolo così) arriva proseguendo, con l’aumentare dei livelli, delle stanze arredabili e dei soldi raccolti.
In breve questo gioco è diventato un vero e proprio cult. Ci sono decine e decine di blog “verticali” dedicati all’argomento, pieni di anticipazioni, recensioni e dettagli che certi corporate blog si sognano.

Ma perché tanto successo?
Inizio la mia analisi con una considerazione personale. Conosco moltissime persone che hanno scoperto i videogames attraverso Facebook. Il loro entusiasmo per dei giochi clonati neppure troppo bene da vecchi arcade è incomprensibile per chiunque sia entrato almeno una volta in una sala giochi (per non parlare poi dei fortunati possessori di un Commodore 64). È il caso ad esempio di Biotronics, considerato geniale e originalissimo da chiunque ignori da 20 anni l'esistenza di un grazioso giochino chiamato Columns (uscito, appunto, nel 1989). I fan di Columns avranno avuto sicuramente un approccio diverso nei confronti di Biotronics: di stupore ("toh, chi si rivede!"), nostalgico ("ricordo quando ci giocavo dopo la scuola..."), annoiato ("l'ennesimo rifacimento di Columns, non se ne può più!"), melodrammatico ("come hanno potuto ridurlo così??!!"). In ogni caso, non avranno considerato Biotronics un'intuizione geniale, se non nella sua applicazione all'universo Facebook. L'avranno apprezzata nella sua veste di bella rielaborazione, giocabilissima e ben realizzata.

Biotronic però ha ben poco a che spartire con Pet Society. Biotronic non fidelizza e non stimola a tornare e ritornare nell'applicazione. Ci si può porre un obiettivo, come battere il punteggio di un amico, si può tornare nell'applicazione nel caso si sia stati scalzati dalla top ten o si voglia fare una partita, ma non s'innesca un vortice di curiosità e interesse (anche nel creare delle comunità) come in Pet Society. In Pet Society quello che si cerca di creare è un mondo, sempre più ricco, personalizzato e accogliente. E lo si può fare solo con molta pazienza e buona volontà (o soldi veri, per acquistare subito quello che si potrebbe ottenere dopo molto tempo).

Le relazioni sociali all’interno di Pet Society sono abbastanza limitate. Non fate qualcosa con gli amici. Semplicemente gli amici vi aiutano a raccogliere più soldi. Altri giochi in Facebook limitano gli amici a “punteggi” (vedi Biotronic) per scatenare una sorta di competizione. La competizione è un buon meccanismo virale; ormai ce lo schiaffano in quasi tutte le applicazioni, anche quelle in cui appare inutile.
Comunque sia, la socialità nelle applicazioni Facebook che ho esaminato è abbastanza limitata. Niente a che vedere con altri giochi online che permettono agli utenti di sfidarsi in tempo reale o di unire le loro forze per completare i livelli. In Facebook non ho trovato nulla per il momento che preveda dei meccanismi simili alle partite da remoto.
Cito l’esempio di The Caverns of Hammerfest, un platform online a cui mi sono iscritta più di un anno e mezzo fa.

Il funzionamento di Hammerfest (dal nome di una cittadina norvegese particolarmente fredda, sullo stemma è riportato un orso polare...) è semplicissimo e chiunque sia stato ragazzo negli anni Ottanta lo coglierà all’istante: è quasi come giocare a Bobble Bobble, solo che al posto del draghetto che sputa bolle troviamo un pupazzo di neve crudelmente privato del naso di carota che lancia palle di neve.
Hammerfest è stato realizzato da Motion Twin, società francese che apprezzo particolarmente per l’originalità e la qualità dei suoi lavori (a livello grafico, di sviluppo e soprattutto di manutenzione). Il meccanismo iniziale era il seguente: all’attivazione dell’account avevi un numero limitato di cristalli, ovvero partite - 5 per l’esattezza -, che potevi ampliare prendendo particolari oggetti che trovavi sul tuo cammino. Se avevi la sfortuna di non incontrare quegli oggetti, oppure di non riuscire a prenderli, non avevi più modo di giocare, salvo acquistare (comprare via paypal) altre partite. L’alternativa era resettare l’account e ripartire da 0 (buttando alle ortiche virtuali tutta una serie di bonus, tra i quali un numero maggiorato di vite, che avevi ottenuto in precedenza).
Ovviamente a pagamento potevi giocare quanto volevi. Con 5 euro si potevano acquistare 25 credits più altri 4 in omaggio ogni settimana. La Motion Twin probabilmente non aveva ancora messo in conto che esiste gente così taccagna da preferire infiniti reset a una spesa di 5 euro. Oppure ha fatto un tentativo. Io, che sono taccagna e pure pigra, al terzo reset mi sono stancata e ho lasciato l’applicazione nel dimenticatoio per un anno. Poi, una sera, per caso, in un gioco Motion Twin (uno dei tanti che ho provato) ho ritrovato il link ad Hammerfest. Ho aperto il mio account e – miracolo – ho trovato una partita! A distanza di un anno il gioco è stato migliorato sotto molti aspetti, tra i quali il token gratuito ogni mezzanotte.
Ora mi sento di consigliarlo agli amanti dei platform. Ma anche questo non ha nulla a che fare con Pet Society, sia per il suo utilizzo “esclusivo” (per i minuti della partita – e solo per quelli - non ci si può distrarre), sia per i diversi meccanismi relazionali alla base (non sono richiesti amici, ma c’è la possibilità di giocare in multigiocatore sullo stesso computer).
Anche attorno ad Hammerfest si è creata una comunità - soprattutto per lo scambio di consigli e soluzioni alle quest - ma è una sorta di centro assistenza/scambio consigli. I forum di Pet Society sono ben diversi, sono delle vere comunità create attorno all'amore per un gioco che ha conquistato una fetta consistente del proprio tempo. I pet diventano dei biglietti da visita per gli utenti; le case lussuosamente arredate oggetto di vanità, competizione e riconoscimento reciproco. Basta a spiegare il successo dell'applicazione?
Continua...

19 agosto 2009

Breve guida alla cucina giapponese - 2

La cucina giapponese - sembra scontato dirlo - va ben oltre gli ormai conosciuti sushi e sashimi (leggi la guida al sushi). Non a caso, molti turisti in vacanza nel Sol Levante restano interdetti davanti alla varietà e alla complessità della cucina tradizionale. L’organizzazione nazionale del turismo giapponese ha quindi pensato di tendere la mano ai suoi ospiti stranieri con una guida ai complessi cibi autoctoni perché, si spiega, “mangiare in Giappone diventi un’esperienza piacevole da ricordare con soddisfazione per il resto della vita”.
Sukiyaki

È cucinato direttamente al tavolo unendo sottili fette di manzo a verdure, tofu e vermicelli
Tempura


Cibo rivestito da una mistura di uova, acqua e farina di grano fritto in olio vegetale. Tra gli ingredienti usati gamberetti, pesce di stagione e verdure.

Sushi


Un piccolo pezzo di pesce crudo adagiato su una polpetta di riso trattato con aceto. Gli ingredienti più comuni sono il tonno, i calamari e i gamberetti
Sashimi


Sottili strisce di pesce crudo da mangiare intinte nell’olio di soia
Kaiseki Ryori

Cibo dal sapore raffinato – tanto da essere considerato il migliore della cucina giapponese - composto principalmente da vegetali e pesce con una base stagionale di alghe marine e funghi

Yakitori


Piccoli pezzi di carne di pollo, fegato e verdure infilzati su bastoncini di bambù e cotti sui carboni ardenti
Tonkatsu

Carne di maiale arrotolata nel pangrattato e fritta
Shabu-shabu
Sottili e morbidi pezzi di manzo riuniti su bastoncino di bambù, rimestati in una pentola d’acqua bollente e intinti nella salsa prima di essere mangiati

Soba e Udon
Due tipi di noodle giapponesi. Questi parenti alla lontana delle tagliatelle nostrane sono ricavati da un impasto di farina, nello specifico grano saraceno per il soba e grano semplice per gli udon.
Sono serviti in brodo o asciutti da intingere nella salsa, in decine di abbinamenti diversi.



Una curiosità prima di chiudere questo post, lungo ormai come un rotolo Tenderly...
Vi ricordate i dolcetti bianchi e neri che sempre si vedono nei cartoni animati giapponesi? Qualsiasi appassionato di anime li avrà visti più di una volta. Da piccola pensavo fossero dei dolcetti di farina bianca e cioccolato... in effetti li avevo adeguati alle mie abitudini alimentari. Se mi avessero spiegato che quella che mi sembrava cioccolato era in realtà un'alga, mi sarei rifiutata di crederci: come potevano mangiare con tanto gusto e soddisfazione un'alga?



Su Youtube si trovano molte video-ricette di onigiri (od omusubi), che per la cronaca sono delle polpette di riso variamente condite (anche con prugne), decorate da un'alga nori che le rende più facilmente impugnabili.
In Giappone sono amatissime: basta fare una ricerca per scoprire quanto amore dedicano alla loro preparazione... e per trovare gadget di ogni sorta a loro ispirati(dai peluche emoticon ai cuscini, dalle pochette agli orecchini).


In conclusione, per chi volesse tentare la preparazione, una videoricetta (occidentalizzata, nel sushi non ci va ragù o maionese).

Breve guida alla cucina giapponese - 1

Ultimamente il sushi è diventato parte integrante della mia alimentazione bisettimanale. L'altra sera, mentre stavo cercando di capire cosa avessi comprato nel banco frigo nipponico dell'Esselunga (perché tra gli ingredienti comparivano 2 tipi diversi di alga e riconoscevo solo la nori?), mi sono ricordata di una breve guida che avevo scritto qualche tempo fa. E che mi ero dimenticata di pubblicare. Da brava pigra quale sono, odio lasciare i lavori chiusi in un cassetto, è uno spreco di energie. Ecco quindi la mia guida alla cucina giapponese. Me la rileggerò prima di tornare all'Esselunga...

Partiamo col sushi, che mi crea sempre crisi mnemoniche.
Come si chiama il rettangolino di riso col pesce sopra? E il cilindretto con l'alga?
Ecco qualche immagine particolarmente utile per chiarirsi le idee:



Per altre di queste immagini, vi rimando al sito Japanese Food. Per altri dettagli, leggete la voce sushi sulla buona vecchia Wikipedia (purtroppo le immagini sono scarse).

Continua a leggere la seconda parte della guida alla cucina giapponese.

15 agosto 2009

"La vita è tutta un click" anche su Tumblr

Ultimamente non ho avuto molto tempo a disposizione per aggiornare il blog. Un vero peccato, perché mi erano capitati tra le mani un sacco di link interessanti che avrei voluto condividere (e appuntarmi). In fin dei conti il mio blog è nato proprio per questo: per annotarmi dei link che sapevo mi sarebbero tornati utili in futuro, o che avrei potuto avere la necessità di ri-utilizzare. Quando poi, con non poca sorpresa, ho scoperto di avere un numero di lettori variabile tra i 200 e i 500 al giorno, mi sono resa conto che il mio blocco virtuale degli appunti non era usato solo da me, e che potevo non solo appuntar(mi) pensieri, citazioni, link, ma anche condividerli.
Da quando utilizzo delicious il ruolo di questo blog è ulteriormente cambiato. Per quei link che - per varie ragioni dettate dalla praticità - non volevo annotarmi in delicious utilizzavo Facebook. Nelle ultime settimane mi sono però resa conto di quanto mi servisse uno strumento più adeguato per tale attività di un social network in cui si mescolano link degni di nota a osservazioni del tipo "oggi la metro era vuota, miracolo!" oppure "sono spapparanzata al sole".
Ho quindi attivato un account Tumblr e ho risolto il problema. In futuro spero di riuscire a integrare meglio questi tre strumenti: blog (che è comunque la mia "casa" virtuale, delicious (il mio database) e tumblr (il mio svuotatasche).
Gli aggiornamenti del blog si faranno meno frequenti, ma quando ci saranno mi auguro siano più curati e completi di quanto abbia fatto ultimamente. Tumblr invece sarà aggiornato più frequentemente (se continua come nell'ultimo periodo, potrei aggiornarlo 5 o 6 volte al giorno). Ho tolto dal blog l'account Twitter, che per un certo periodo ho usato per appuntarmi alcuni link. Ora lo riporterò alla sua vocazione originaria di banale "cosa sto facendo". Non credo a molti interessi che io abbia bruciato la cena o che il gatto mi abbia buttato giù dal letto in preda a un'attacco di solitudine.
Sto facendo una full immersion nel mondo dei social media. Spero di uscirne temprata e con un post approfondito. Purtroppo l'evoluzione è così rapida che si fa fatica a stare al passo...

Questo post di servizio mi è anche utile per augurare a tutti buone vacanze estive.
Utilizzerò il pet creato in Pet Society (a breve spero di riuscire a scrivere un post sugli elementi che rendono un'applicazione altamente virale e sulla crescita della Playfish che sta ottenendo un successo dietro l'altro. Ah, stanno anche assumendo nuovi sviluppatori, in periodo di crisi loro sono in controtendenza).
Buone Ferie!

13 agosto 2009

Il caso del Seat 29E


Vi faccio ripercorrere i miei stessi passi. Guardate il corto che ho inserito in apertura. E' una breve animazione che è stata recentemente trasmessa sul canale digitale di QOOB. Visto? Bene, immagino che ora, come me, vi stiate domandando se abbia un fondamento di verità.

Sappiate che non è una leggenda metropolitana. Negli Stati Uniti la geniale lettera scritta dal passeggero esasperato dal viaggio davanti alla toilet dopo aver sborsato 400 dollari per il biglietto aereo, ha fatto storia. E' diventata un vero e proprio cult. In molti hanno dibattuto sul fatto che, negli aerei, "chi prima arriva, meglio alloggia" (o siede, in questo caso). In molti hanno riso e si sono riconosciuti nel povero viaggiatore.
C'è anche chi ha provveduto a far circolare le scansioni del testo originale.

Sull'enciclopedico Snopes.com (che i cacciatori di bufale ben conoscono) è riportata la lettera per intero e una spiegazione della vicenda. Ecco la storia del Seat 29E secondo Snopes.com.
Immagino lo stato d'animo di chi l'ha scritta. Mi figuro un passeggero annoiato, con carta e penna in mano, pronto a scrivere fino al momento in cui si dovrà alzare per scendere dall'aereo. La lettera è quasi trascinata, un po' come si trascina, tra fastidi e disagi, un viaggio davanti ai bagni.

Tra una lamentela e una battuta di spirito, questo sarcastico passeggero ha colto nel segno: valeva la pena, per guadagnare un posto a sedere, condannare un cliente a un viaggio così imbarazzante?

Ho trovato davvero contraddittoria la reazione della Continental Airlines. Chiede scusa al viaggiatore ma non toglie il posto a sedere. Ha senso ammettere l'errore (ovvero scusarsi) ma non porvi rimedio?

Su Snopes.com scopriamo qualcosa in più rispetto a quanto ci viene detto dal corto.
Contattata dalla redazione, la compagnia aerea ha confermato di aver ricevuto la lettera (ribadiamolo, è tutto vero, il corto non è frutto di una sceneggiatura ed è questa autenticità che ha trasformato una lettera di lamentele in un cult degno di una trasposizione filmica) ma non ha voluto parlarne, definendo le informazioni "riservate". Sempre Snopes.com ricorda che l'editorialista del Chicago Tribune Eric Zorn il 22 luglio 2005 ha avuto una conferma dell'autenticità della lettera da un portavoce della Continental:
"La lettera non è totalmente precisa e usa il sarcasmo per far apparire il posto peggiore di come è in realtà. Ma non vogliamo deridere la preoccupazione di questo cliente - il posto 29D (n.d.r. ma non era il 29E?) non è l'ideale. La maggior parte dei voli non sono tutti sold out e normalmente possiamo far spostare i clienti che preferiscono non sedere in questo posto. Comunque, il volo del 21 dicembre era completamente pieno e noi ci siamo scusati con il cliente che ci ha inviato le lamentele. Se ci fosse stata una veloce e facile soluzione a questo problema, l'avremmo risolto all'istante. Comunque, la configurazione dell'aircraft è fissa e c'è poco che possiamo fare a questo punto per far sparire il problema".

In realtà basterebbe non assegnare mai quel posto, o almeno, al momento della prenotazione, avvisare il possibile viaggiatore. Questo costerebbe meno di rifare nuovo l'aereo.

Non credo che la compagnia aerea abbia gestito a dovere la critica.
Oggi, mentre ero in metropolitana, stavo leggendo "[mini]marketing - 91 discutibili tesi per un marketing diverso" di Gianluca Diegoli. E' stato scritto un anno fa, ma se le aziende continuano a vedere la comunicazione come qualcosa di accessorio, da fare se e quando c'è budget e comunque sempre su binari certi e sicuri, resterà a lungo un'opera di preveggenza.
Cito la tesi 72:
La vostra reputazione non dipende da quanti sbagli fate. Ma da che tipo di sbagli fate, e da come rispondete a chi ve lo fa notare.


La risposta della Continental Airlines non è stata delle migliori. La fama del posto 29E ci ricorda cosa non deve fare una buona comunicazione di crisi: ignorare l'evento scatenante presentandolo come "proprietary" e sminuirlo qualora lo si prenda in considerazione.